Pellet di paglia: i vantaggi

Sentiamo spesso parlare di pellet di paglia nell’ambito delle lettiere per animali ma, in realtà, si tratta di un prodotto che ha ottime potenzialità anche per il nostro riscaldamento casalingo.

Come quello di sansa o quello di girasole, di cui abbiamo già parlato, infatti, questa tipologia di biomassa si presta particolarmente bene alla combustione e, oltretutto, è presente sul mercato a prezzi davvero convenienti e competitivi; ovviamente, però, ha i suoi pro ed i suoi contro che andremo a valutare insieme.

Pellet di paglia al microscopio

La paglia, come ben sappiamo, è il residuo seccato della mietitura e battitura dei cereali (soprattutto grano e granturco): si immagina subito, quindi, quanto sia di facile reperibilità (solo l’Europa ne produce circa 23 milioni di tonnellate all’anno!) trovando largo impiego in diversi settori.

Il passo verso le energie rinnovabili, negli ultimi anni, è stato breve.

Il pellet di paglia, in effetti, rientra perfettamente nell’idea di economia circolare, provenendo da semplici scarti lavorati, ed il prezzo proposto è veramente interessante: una tonnellata di prodotto, in effetti, si trova facilmente a circa 130 euro, con una resa di 3 centesimi per kWh circa; a parità di quantità, il pellet di legno costa anche oltre 100 euro in più!

Inoltre, il pellet di paglia ha un buon potere calorifico (4.25 kWh/kg contro i 4.6 kWh/kg del pellet di legno), con una umidità inferiore al 10%: il risultato è un biocombustibile ad alto rendimento, che brucia facilmente e riscalda bene.

I problemi principali relativi a questa biomassa risiedono, infatti, altrove: il processo di pellettizzazione della paglia è più arduo rispetto ad altri materiali più compatti, il che implica una lavorazione più macchinosa e, di conseguenza, inquinante tra setaccio, macinatura, trattamenti, compressione e trafilatura, raffreddamento e screening per la stabilizzazione del prodotto. A monte di tutto questo sono da aggiungere, poi, le operazioni logistiche di trasporto del materiale grezzo verso gli impianti.

Oltretutto, il peso specifico di questo tipo di materiale è bassissimo: in media, si ottiene un camion di pellet di paglia ogni 3 camion di materia prima.

Sono in molti, quindi, a porsi il dubbio sul fatto che tutto il carico di ecosostenibilità potrebbe addirittura azzerarsi, se non venir superato, da questi retroscena importanti da considerare.

Ma c’è anche di più.

In effetti, per alcuni impianti tradizionali può essere problematica l’eccessiva quantità di scorie residue: un inconveniente a cui si può rimediare modificandone la camera di combustione, ma che implica, quindi, un po’ di disturbo – soprattutto economico.

Infine, la paglia contiene alte percentuali di potassio e cloro che, in qualche caso, possono risultare corrosivi per l’impianto e, comunque, da gestire.

Resta la buona notizia, però, che le emissioni di CO2 sono praticamente nulle.

Insomma, sicuramente ancora c’è tanto da lavorare per rendere questo prodotto realmente conveniente e competitivo sotto tutti i punti di vista ma, utilizzando materiale di qualità, facendo attenzione a rimuovere sempre il residuato prodotto dalla combustione, si può sicuramente portare a casa un pellet dal rapporto qualità/prezzo veramente ineguagliabile.

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