Tra i sistemi di riscaldamento moderni è acceso il dibattito per stabilire quale sia il più ecosostenibile.
In effetti, sia il metano che il GPL risultano piuttosto ecologici ed economici, ma come si inserisce l’alternativa del pellet in questo contesto?
Pro e contro
Il primo elemento di cui discutere è, sicuramente, il particolato residuo dalla combustione. È stato proprio questo elemento, infatti, a generare più domande da parte degli utenti e degli scienziati stessi.
Attraverso numerose ricerche, però, è stato scoperto che, a patto di ritrovarsi tra le mani pellet certificato bruciato in moderne caldaie automatiche, il fattore di emissione (FE) del particolato (PM) è il più basso tra i generatori e i biocombustibili legnosi, il PM è privo di composti carboniosi organici e l’effetto tossicità (testato su cellule polmonari) è praticamente trascurabile.
Inoltre, è uscito fuori anche che il prodotto che avrebbe più potere negativo sull’ambiente, risultando climalterante, sarebbe, incredibilmente, il gas naturale, che risulterebbe più dannoso addirittura di gasolio e carbone, soprattutto quando impiegato nella produzione di calore a livello residenziale e commerciale.
Altro tassello fondamentale in questa riflessione è il ruolo del nostro Paese, rispetto alle nazioni che sono in grado di fornirgli la materia prima per riscaldarsi: l’Italia letteralmente dipende da Russia, Libia ed Algeria per procurarsi il gas naturale, mentre invece investendo su una produzione nazionale di pellet potrebbe, finalmente, rendersi indipendente. Su questo punto, però, c’è chi interviene facendo giustamente notare che sono tante le realtà nostrane ad ordinare vagonate di questo combustibile naturale all’estero, per risparmiare: in questo caso, oltre all’energia utilizzata per forgiare, fisicamente, i cilindretti di legno,si dovrebbero aggiungere i chilometri da coprire in auto, in treno o in aereo per il trasporto degli stessi, generando, quindi, indirettamente, emissioni e inquinamento a tutti gli effetti!
Questo fa capire anche quanto sia importante poter contare su una produzione “in casa”, non solo per un’economia che perduri a riempire le tasche della nostra gente, ma perché si rivela l’unica reale alternativa per riscaldarsi con un budget minimo ed una resa massima nel rispetto del pianeta.
D’altro canto possiamo permettercelo: la superficie forestale italiana è più che raddoppiata in mezzo secolo, prelevando dai boschi meno del 25% dell’incremento legnoso annuo; una percentuale di gran lunga inferiore rispetto ad Austria e Germania che toccano anche il 70-80% (tant’è che sono le maggiori produttrici di pellet in Europa). La scelleratezza nell’utilizzo delle risorse, però, ha sempre delle conseguenze: il clima, negli spazi verdi curati e ben gestiti, viene protetto mentre boschi abbandonati e lasciati a se stessi sono stati in grado anche di causare dissesti idrogeologici, a loro volta “padri” di disastri tremendi che hanno coinvolto, come ben sappiamo, il nostro Paese.
Infine, come non considerare l’aspetto lavorativo: questo settore è attivo in Italia, infatti, con oltre 42.000 unità lavorative, con una ricaduta occupazionale di 8,3 unità lavorative per milione di euro fatturato.
In questo tipo di scenario dell’abbondanza, anzi, è proprio l’industria italiana ad esportare il fiero prodotto Made in Italy all’estero (Europa e Nord America).
Incentivi
Oggi, in moltissimi casi, proprio in vista di tutti questi vantaggi a carattere ambientale, sono previsti anche degli incentivi economici per chi desidera installare, per la prima volta, una stufa a pellet in casa; un altro degli elementi che sta spingendo sempre più utenti a virare su questo tipo di combustibile sicuro, ecofriendly e ottenuto dal riciclo di materiali che, in ogni caso, si sarebbero dovuti smaltire!