Le alternative al legno: il pellet di mais!

Ci siamo occupati tante volte delle proprietà del pellet, delle essenze di legno migliori da scegliere e delle certificazioni da controllare per assicurarsi di portare a casa il prodotto perfetto; ma esistono anche altri tipi di biomasse dalle quali ricavare del pellet di qualità!
Una di queste è, sicuramente, il mais.

Agripellet

Quando ci riferiamo a pellet ottenuti da sottoprodotti di origine agricola e agroindustriale (puri o miscelati tra loro), parliamo di agripellet, cioè di prodotti ottenuti senza dover fare riferimento al legno e ai suoi derivati.

Ce ne siamo occupati anche quando abbiamo introdotto l’Herbal Crops, una particolare biomassa no-food pensata e generata appositamente per essere di appannaggio esclusivo dell’energia.

Ma che differenza c’è tra un pellet tradizionale ed uno proveniente da una filiera agricola?

Il caso del mais

La prima caratteristica che salta all’occhio è che il pellet di mais può essere lavorato esattamente allo stesso modo di quello legnoso; inoltre, il granoturco è un prodotto che si presta molto bene all’utilizzo poiché le dimensioni dei chicchi sono sempre piuttosto simili tra loro, creando omogeneità nell’insieme, e la massa che li compone è compatta ed uniforme.

Per il confezionamento del prodotto, però, il mais deve essere lasciato a stagionare, per poi essere conservato e stoccato in luoghi privi di umidità, esattamente con le stesse modalità che abbiamo visto per il pellet di legno.

Pro e contro

Le note positive sono due:

  • il pellet di mais supera, di circa il 30%, il potere calorifico del corrispettivo in legno (ed anche della legna da ardere);
  • il prezzo è generalmente inferiore, nel caso del mais, ma è più soggetto a repentine oscillazioni di valore a causa dell’andamento del mercato, mentre per il legno assistiamo sempre ad una valutazione ciclica e stagionale (che può leggermente variare a seconda del tempo atmosferico), tant’è che sono in tanti a fare acquisti pre-stagionali proprio per risparmiare; con il mais queste “previsioni”, invece, non si possono fare.

Tuttavia, ci sono da segnalare almeno due fattori che controbilanciano questa assoluta convenienza:

  • il legno (e i suoi scarti) sono, bene o male, sempre disponibili, mentre le colture di granoturco sono più soggette a fattori esterni, come il tempo atmosferico, malattie, richiesta etc; tutti elementi che possono influire, e non poco, sul prezzo finale;
  • le ceneri restituite post combustione sono, in percentuale, sicuramente molto maggiori, per cui finiscono per sporcare di più i dispositivi che avranno, quindi, bisogno di una maggiore manutenzione (per evitare di ritrovarsi davanti formazioni continue e successive di clinker).

Questa seconda eventualità, comunque, viene molto spesso ovviata dagli stessi utilizzatori miscelando il pellet di mais con quello di legno in percentuali dal 40 al 60% (decisamente una quantità alta, ma che conviene in tutti i sensi).

Le stufe a mais

Sebbene la scelta di molti produttori (e di molti consumatori) verta ancora su stufe policombustibili, in grado di bruciare sia pellet legnoso che di mais, per evitare di doversi vincolare ad un’unica tipologia da comprare, esistono in commercio anche le cosiddette stufe a mais, più costose ma decisamente maggiormente ecocompatibili, che promettono di restituire nel tempo, e con gli interessi, il denaro investito per la spesa iniziale. Questi dispositivi permettono di sfruttare al massimo il calore, con una resa termica pazzesca: parliamo dell’80%!

La polemica

Il mais resta un alimento alla base della dieta dell’uomo e degli allevamenti animali di molte aziende agroalimentari; questa evidenza ha creato non poco scompiglio nella questione etico-morale del food, generando riflessioni e discussioni piuttosto aspre: è giusto impiegare una risorsa food per il riscaldamento e destinare campi interi di coltivazioni a lavorazioni che trasformano futuro cibo in combustibile?

La questione è, in effetti, non poco spinosa, ma c’è da considerare il fatto che tantissimi altri vegetali vengono utilizzati per la produzione di energia, come il riso, il farro, il miglio, la canapa…

Questo perché, anche in termini di emissioni, il risultato è dei migliori: zero anidride carbonica, zero inquinamento, un aspetto assolutamente da valutare. Per questo, sono tantissimi gli esperti che sostengono che una soluzione intermedia, fatta di miscele e partizioni, possa essere quella giusta, utilizzando, magari, soltanto il granoturco che non trova impiego nei prodotti alimentari (perché, ad esempio, minimamente intaccato da muffe o altri batteri) e raccogliendo quindi, come accade anche per il legno, in gran parte soltanto scarti food.

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