Legna da ardere e pellet: quale scegliere e quale conviene

Legna da ardere e pellet: quale scegliere e quale conviene

Il crescente interesse verso la “salute” del nostro pianeta, che si traduce, poi, in quella dei suoi abitanti, ha creato i presupposti per una conduzione di vita e di impiego di risorse più consapevole, orientata verso alternative biologiche, naturali e sempre meno inquinanti.

Per quanto riguarda il riscaldamento, in molti sono tornati agli antichi standard del camino, delle stufe a legna e dell’atmosfera country, soprattutto da quando lasciare la città ed andare ad abitare in campagna è diventato il sogno realizzato di molti.

A questo punto, però, nasce l’esigenza di capire quale tipologia di legna o di pellet sia preferibile acquistare, per evitare, ad esempio, biomasse che rilascino troppi residui dando problemi di clinker e fumi oppure che brucino troppo velocemente, con un riversamento automatico sul carico di spesa e, quindi, sull’investimento economico annuale da preventivare.

Legna da ardere: meglio i “legni duri”

Se in casa possedete un dispositivo in grado di bruciare legna, il consiglio è di optare per legni duri, tra cui faggio, frassino, betulla, rovere, carpino, acero… tutte quelle essenze, insomma, che vengono utilizzate per forgiare anche il mobilio più resistente che conosciamo, poiché in grado di bruciare con fiamme corte ma molto a lungo, risultando anche poco resinose e, quindi, più sicure per stufe e caldaie, oltre che convenienti in fatto di residui da pulire ed eliminare.

I legni dolci sono, in verità, scelti da molti perché si accendono più facilmente (pino, larice, abete) e generano un calore più forte ma, appunto, meno durevole, senza contare che lasciano moltissimi residui resinosi; possono, tuttavia, essere utilizzati proprio per accendere un focolare alimentato a legni duri.

Assolutamente da evitare, anche e soprattutto per cucine a legna, è il cipresso, che è il peggiore tipo di legno in fatto di ceneri e durata della fiamma: infatti, per un fuoco che dura davvero poco, non vale la pena sporcare la canna fumaria in maniera eccessiva come accade in questo caso; tra i legni dolci, sicuramente è meglio orientarsi su una essenza di ciliegio.

In generale, comunque, bisogna tener conto anche della stagionatura: qualunque legno deve essere rimasto a stagionare per due anni, in modo che si sia liberato di un’altissima quantità di umidità (che inficia l’accensione ed anche il potere calorifico).

Pellet: faggio o misto ma certificato!

Come abbiamo visto, il pellet si ottiene riciclando scarti di legno provenienti da vari contesti: è, quindi, una biomassa a tutti gli effetti esattamente come la legna da ardere ma, in questo caso, ci sono alcuni aspetti da considerare per evitare di fare acquisti (e cumuli di scorte intere) sbagliati.

In generale, le essenze più usate per la fabbricazione di questo prodotto sono quella di abete, di faggio o di rovere. Nel primo caso, com’è intuibile, trattandosi di un legno tenero e dolce, la resa non è molto durevole anche se si tratta di un pellet che si accende facilmente; nel secondo caso, invece, le cose si ribaltano e si nota una maggior durevolezza, a patto di accettare il compromesso di una accensione che richieda più tempo per essere operata.

Il pellet migliore è sicuramente quello di faggio, legno duro che assicura tutte le proprietà necessarie perché si parli di un ottimo prodotto, oppure quello misto faggio-abete,che lascia una quantità accettabile di ceneri, si accende con più facilità e ha una buona durata.

Sono in fase di studio anche nuove varietà vegetali, a base di mais, nocciolino di oliva, gusci di nocciole e di mandorle, ma bisogna aspettare le sperimentazioni sulla resa per capirne di più.

Naturalmente, come sempre, la raccomandazione è quella di controllare le certificazioni del prodotto che si sta per portare a casa, che si tratti di quella universale siglata con “ENplus” o di quella italiana “Gold“.