di Michele Manfredi
Nel 2020, il tema dominante è sicuramente quello della sostenibilità ambientale, anche se è ormai da decenni che vengono studiate e sviluppate forme energetiche ecosostenibili e, dunque, anche i biocombustibili.
Ma di cosa si tratta, con precisione?
I biocombustibili si ottengono dal trattamento delle biomasse, che sono materiali di origine biologica, come legna, rifiuti organici, scarti di attività agricole ed industriali, alghe marine e tanto altro. Nel dettaglio, vengono utilizzati principalmente per riscaldare le abitazioni, produrre energia elettrica e realizzare carburanti per automobili.
Le tre classi di biocombustibili
I biocombustibili vengono classificati in tre classi.
Quelli di prima generazione vengono prodotti utilizzando zuccheri o grassi animali. Questo metodo ha suscitato molte polemiche sull’utilizzo di risorse alimentari per la produzione di energia, fattore che potrebbe incidere negativamente – in futuro – sulla disponibilità di cibo per la popolazione mondiale.
Da qui, l’esigenza di sviluppare biocombustibili di seconda generazione, che vengono ricavati principalmente da oli esausti.
I biocombustibili di terza generazione, infine, sono ricavati dallo sfruttamento di terreni desertici ed isolati per sviluppare coltivazioni di microalghe da cui è possibile ottenere bioetanolo e biodiesel.
La differenza tra biocombustibili liquidi e solidi
I biocombustibili di prima generazione si distinguono, a loro volta, in liquidi e solidi.
I primi, in particolare, sono il bioalcol ed il biodiesel, che si ottiene tramite la fermentazione di barbabietola da zucchero, canna da zucchero, mais e grano; chiaramente si tratta di un materiale con scarsa tossicità ed impatto ambientale, prodotto soprattutto in USA e Brasile. Il bioalcol, invece, si ottiene dalla combinazione con alcol (che può essere sia metanolo che etanolo) di oli vegetali (come olio di girasole, di cocco, di soia o di arachidi) o di grassi animali.
Infine, i biocombustibili solidi sono quelli derivanti da colture dedicate alla produzione di biomasse o dal recupero di residui legnosi, di cui quelli maggiormente diffusi sono il pellet, la paglia ed i pezzi di legno.
Il focus sul pellet
Il pellet, come sappiamo, è un biocombustibile ad altissima resa composto da unità che oscillano tra i 5 ed i 30 mm di grandezza e prodotto senza alcun additivo chimico: le uniche sostanze che vengono utilizzate per conferire al materiale una certa resistenza all’abrasione, infatti, sono naturali, come l’amido o la farina, che ne facilitano anche la pressatura.
La sua combustione produce un residuo di ceneri decisamente più basso rispetto al legno e, proprio grazie al procedimento di pressatura con cui viene forgiato, il suo potere calorifico, a parità di volume, è il doppio.
Da segnalare che l’Italia, con oltre tre milioni di tonnellate all’anno (di cui il 20% prodotto nei confini nazionali) è il primo mercato in Europa per consumo di pellet!